Google e Facebook mappano gli spostamenti per contrastare il Coronavirus
Le grandi società tecnologiche, come anche Google e Facebook, hanno avviato i propri sforzi per iniziare a monitorare la diffusione del Covid-19. Mentre alcuni di questi sforzi sono attivati e vanno verso una direzione comune, altre iniziative invece aggregano i dati sulla posizione degli utenti.
Google e Facebook stanno lanciando i propri set di strumenti per aiutare i ricercatori a prevedere e tracciare la diffusione del virus Covid-19. La maggior parte degli strumenti utilizza dati aggregati sulla posizione che vengono quindi estratti dalle mappe tramite un’infinità di misurazioni.
Sebbene i dati sulla posizione aggregata non siano una novità – ad esempio, Google li ha utilizzati per vedere quando i ristoranti sono occupati e se vi è molta gente nello stabile – il suo utilizzo per tenere traccia di una pandemia fa sorgere molte domande sul compromesso tra la salute pubblica e la privacy.
I rapporti di Google sulla mobilità della comunità durante il COVID-19
A fine marzo 2020, Google ha lanciato i rapporti sulla mobilità della comunità. Questi report raccolgono i dati sulla posizione delle persone per vedere come sono cambiati gli spostamenti dei residenti nei diversi stati, durante il lockdown generale.
A New York, ad esempio, il rapporto afferma che le attività di vendita al dettaglio e ricreative sono diminuite del 62% e il tempo trascorso nei luoghi di lavoro è sceso del 46%, mentre il tempo trascorso a casa è aumentato del 16%.
Google estrae i dati per questo servizio quando gli utenti hanno attivato i servizi di localizzazione nel proprio telefono. La società ha dichiarato di utilizzare dati aggregati e anonimi e di aggiungere del “rumore artificiale” per rendere impossibile l’identificazione di ogni singola persona.
“Data for Good” di Facebook
A inizio aprile 2020, Facebook ha lanciato un’altro strumento, Data for Good. Anche questo utilizza i dati aggregati sulla posizione, la società ha affermato che vengono mappati modelli di co-posizione, con la possibilità di visualizzare frequenti percorsi di viaggio per prevedere i futuri focolai.
Data for Good sta inoltre elaborando le informazioni sulle tendenze dei movimenti (per capire se le persone sono ferme a casa) e sulle connessioni sociali (per vedere in quali aree colpite ci sono queste connessioni e la ricerca di supporto negli Stati Uniti).
In aggiunta, la società sta spingendo gli utenti di Facebook a partecipare ad un sondaggio volontario del Centro di ricerca Delphi dell’Università di Carnegie Mellon per aiutare i ricercatori a identificare in anticipo i focolai e luoghi di crisi Covid-19.
Il caso Unacast
Però, né Google né Facebook sono stati i primi ad avviare dei servizi per studiare i cambiamenti dei movimenti basandosi sulla localizzazione delle persone.
Unacast, una startup con sede a New York che aggrega i dati sulla posizione dagli smartphone degli utenti per le attività di vendita al dettaglio e immobiliari, ad inizio marzo ha pubblicato il suo “The Unacast Social Distancing Scoreboard“, ovvero un riquadro di valutazione delle distanze sociali” .
Le mappe hanno mostrato quali regioni avevano avuto più successo nel rimanere a casa misurando i cambiamenti nella mobilità. Ad esempio, la società ha dato alla California una “B.” Inoltre, il rapporto suddivide i dati contea per contea.
Sebbene l’accuratezza dei dati non sia stata confermata, i funzionari statali e locali lo hanno spesso citato nelle loro esortazioni affinché la popolazione rimanesse a casa. Dopo che la Louisiana ha ottenuto un voto “D” sulla mappa, il governatore della Louisiana John Bel Edwards ha dichiarato in una conferenza stampa: “Per quelli di voi che non stanno prendendo sul serio la crisi sanitaria attuale, vi sto chiedendo di fare ancora meglio”.
Unacast non ha specificato quali fonti di terze parti utilizza per raccogliere i dati degli utenti. Secondo Recode, il suo kit di sviluppo software (SDK) è la sua fonte di dati preferita, quindi prendendo i dati sulla posizione tramite altre app installate nel dispositivo. Per esempio, le app come i tracker dei passi o i telecomandi della Smart TV possono includere più di una dozzina di SDK.
In conclusione, ciò significa che la maggior parte delle persone non avrà la possibilità di bloccare l’utilizzo dei propri dati in questi sistemi di mappamento. Ma se queste piattaforme forniscono ai ricercatori molte informazioni preziose, ne vale proprio la pena?